MCB Studio Giuridico Commerciale si propone di diffondere una corretta “Cultura della protezione dei principali assets che compongono il patrimonio”, facendo riferimento a metodi e strumenti considerati perfettamente leciti dal vigente ordinamento giuridico.

Tutte le soluzioni praticate a livello operativo, infatti, presentano una totale compatibilità con l’attuale normativa civile, fiscale e penale.

Perché pianificare la tutela del proprio patrimonio

Nel nostro ordinamento giuridico si trova rubricata una specifica norma che enuncia il principio della cd. “responsabilità generica del debitore”, a cui ognuno è sottoposto in quanto soggetto giuridico, titolare di sia di diritti che di doveri (obblighi). L’art. 2740, primo comma cod. civ., testualmente recita: “il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”

La norma in commento si riferisce a tutti i tipi di obbligazioni, anche quelle di natura extra contrattuale generate dagli illeciti commessi con dolo o semplice colpa (responsabilità civile ex art. 2043 cod. civ. e ss.)

E’ un regime di responsabilità sicuramente rigoroso perché caratterizzato da un’ultra attività che colpisce anche i beni futuri, non permettendo all’indebitato di potersi risollevare economicamente e ripartire nella propria attività (difficoltà di accesso al credito bancario ecc.).

Tempi e strategia di base per la pianificazione 

Constatata l’origine del problema, è agevole intuire come una seria tutela patrimoniale, per essere concretamente efficace, vada pianificata preventivamente, ovvero quando il soggetto interessato è ancora in bonis.

Purtroppo l’esperienza insegna che molti, anzi, troppi corrono a invocare misure di tutela del proprio patrimonio soltanto quando già sussiste una posizione debitoria importante, magari composta da debiti già in fase esecutiva, con immobili già gravati da ipoteche giudiziali, oppure quando l’evento di danno (neminem laedere) si è già verificato, perché ogni atto dispositivo volto a sottrarre i propri cespiti a quel punto sarà inutile, revocabile e, in certi casi, perseguibile penalmente.

Con riferimento alla tempestività dell’intervento, purtroppo, in Italia siamo ancora molto indietro rispetto agli altri paesi partner europei e dell’area atlantica.

Per un retaggio culturale arretrato, l’applicazione concreta di idonei ed efficaci strumenti di tutela patrimoniale preventiva risulta tuttora carente sia nei numeri che nei metodi. Basti considerare che nel nostro paese vi è ancora chi utilizza il fondo patrimoniale con la convinzione di essere adeguatamente protetto dalle azioni dei creditori.

Sempre per la stessa ragione, poi, abbiamo la tendenza a considerare il patrimonio in modo indistinto, funzionalmente preposto a far fronte alle molteplici necessità di vita, sia personali/famigliari che professionali.

All’estero (in particolare nei paesi di common law), invece, è normale fare una netta distinzione tra patrimonio personale e quello destinato a essere messo a rischio nell’attività economica dei soggetti.

Una gestione oculata del proprio patrimonio, quindi, non può prescindere dalla scelta dei beni che si voglio tutelare e conservare per poi trasmetterli ai propri cari, da quelli che invece si vogliono sottoporre ai rischi delle proprie attività economiche e/o professionali, realizzando con idonei strumenti giuridici – anche internazionali – una netta separazione dei due profili.

Con il corretto utilizzo di validi strumenti giuridici, quindi, la separazione fra la sfera imprenditoriale e professionale ed il patrimonio immobiliare e mobiliare dell’imprenditore e/o di chiunque necessiti di tali tutele patrimoniali, è assoluta, in quanto raramente aggredibile, purché venga effettuata in momenti adeguati.

Tale risultato può essere realizzato in diversi modi, come, ad esempio, quello di tutelarsi tramite strumenti fiduciari ovvero tramite strutture giuridiche destinate per loro natura a tutelare dei patrimoni, quali il trust.

Il Trust in generale

E’ un istituto che non appartiene al nostro ordinamento. Esso trae le proprie origini nel sistema di common law ed, in particolare, è nato in Inghilterra paese in cui si è svolta la sua evoluzione lungo i secoli.

Nel nostro ordinamento giuridico il trust è stato riconosciuto a seguito della ratifica della Convenzione dell’Aia del 1985 (L. 16 ottobre 1989 n. 364).

Mancando una normativa interna che disciplini l’istituto, esso viene applicato mediante un meccanismo di “importazione” di una legge estera. Così, in sede di istituzione di un trust, esso dovrà richiamare una legge di un paese che lo riconosca espressamente come istituto e ne regoli le dinamiche (es. Legge Inglese, Legge della Nuova Zelanda, Legge di San Marino.

In linea di massima, la struttura dei trust è la seguente: un soggetto denominato trustee, al quale sono attribuiti i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario (legal owner) gestisce un patrimonio che gli è stato trasmesso da un altro soggetto, denominato disponente (o settlor) nell’interesse ed a beneficio di un soggetto (beneficiary) oppure per uno scopo prestabilito, purché lecito e non contrario all’ordine pubblico.

A tali soggetti possono essere affiancate altre figure terze con funzione di garanzia e/o vigilanza sull’operato del trustee (i.e. protector o guardiano) che potrà essere una persona fisica oppure una persona giuridica.

La tripartizione dei ruoli (settlor, trustee e benificiary), che deve essere ben definita ed autonoma secondo il diritto inglese, trova temperamenti secondo altre leggi regolatrici che ammettono la validità di trust nei quali il settlor sia anche trustee ovvero beneficiario (trust autodichiarato).

Per quanto riguarda l’oggetto del trust, questo può essere rappresentato sia da beni immobili, più frequentemente, che da beni mobili, da universalità di mobili e da diritti reali di godimento e di credito (soprattutto titoli azionari).

Non vi sono limiti per la determinazione dell’oggetto di un trust, purché sia diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma secondo, cod. civ..

Che cos’è un Trust

La risposta non è univoca perché esistono diversi concetti di trust. Per comprenderli occorre per prima cosa comprendere il concetto di proprietà legale secondo gli ordinamenti common law a cui la tradizione del Trust appartiene.

Sul piano tecnico la legislazione inglese sulla proprietà descrive i diritti legali e la titolarità dei beni, siano essi tangibili o intangibili. Ad esempio normalmente abbiamo la proprietà dei nostri vestiti o dei nostri libri. Quando abbiamo la proprietà di un bene ne abbiamo la piena titolarità legale, e possiamo liberamente godere o disporre.

Diversi ordinamenti riconoscono la possibilità da parte di un titolare di avere la disponibilità di un bene sotto una “obbligazione fiduciaria”. In tal caso tale soggetto detiene normalmente il bene non per proprio beneficio o interesse ma per beneficio o interesse di terzi, che prendono il nome di beneficiari.

Nel diritto dei Trust, il soggetto che nell’ambito di un rapporto fiduciario detiene il titolo legale di un bene, prende il nome di Trustee mentre il soggetto a favore del quale il bene è detenuto, che ne ha un interesse, prende il nome di beneficiario.

In tale situazione si generano due diverse titolarità:

a) il Trustee avrà il titolo legale sul bene (legal title); b) il Beneficiario avrà un interesse sulla proprietà (proprietari interest) formalmente detto “equitable title” (cosiddetto perché deriva dalle regole sull’equity).

Quindi, la distinzione tra titolo di proprietà legale e titolo di equità, nonché l’esistenza della obbligazione fiduciaria del trustee verso il beneficiario, rappresentano l’elemento centrale in materia dei trust. Quando ci sono più beneficiari alcuni di essi possono anche essere trustee. L’unico limite è che non può esistere un solo beneficiario coincidente con il trustee, perché in tal caso questo diverrebbe di fatto pieno proprietario.

Una definizione secondo il giurista italiano

Per Trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente o settlor con atto tra vivi o mortis causa (trust testamentario) qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un fiduciario, il trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.

Il negozio istitutivo di un Trust è invece, secondo una lettura civilistica, un negozio unilaterale programmatico, recettizio e soggetto a rifiuto (tranne quando il trustee corrisponda con il disponente). Secondo l’approccio civilistico italiano è anche possibile individuare una causa: «il programma che giustifica il vincolo».
I trust sono quindi fenomeni gestori.
I trust, però, non sono considerati soggetti di diritto (enti) salvo che ai fini tributari (cfr.: art. 73 T.U.I.R.).

Caratteristiche del Trust e principali effetti

Il trust si contraddistingue per le seguenti caratteristiche:

• separazione dei patrimoni: i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio personale del trustee;
• intestazione dei beni: i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;
• attribuzione di poteri ed oneri al trustee: il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari imposte dalla legge.

Quanto agli effetti principale, si annoverano:

• Riservatezza;
• Limitazione dei rischi, mediante la costruzione di sfere giuridiche autonome;
• Tutela delle finalità dell’atto di destinazione patrimoniale;

• Mantenimento unitario di un patrimonio nei passaggi generazionali.

Condividi se ti è piaciuto!