
Brevi riflessioni su Cassazione, VI^ sez. civile, Ord. n. 20305 del 8.6.2017.
L’adesione all’accertamento fiscale da parte di un condebitore solidale, libera gli altri……
Con motivato provvedimento depositato in data 23 agosto 2017, la Cassazione, confermando le motivazioni dell’impugnata sentenza tributaria di secondo grado, ha rigettato il ricorso presentato da una società commerciale in veste di parte acquirente in un atto di compravendita, successivamente oggetto di accertamento dell’Amministrazione finanziaria per recupero a tassazione di somme dovute a titolo di imposta di registro. La pretesa tributaria terminava poi a seguito dell’adesione e conseguenziale pagamento da parte del venditore.
In particolare il ricorrente lamentava la violazione del d.lgs. n. 218/97, dell’art. 57 del D.P.R. n. 131/86 e degli artt. 1304 e 1306 c.c., in quanto, erroneamente i giudici d’appello (CTR del Veneto) avrebbero ritenuto (a loro volta confermando la decisione della Commissione tributaria di prima istanza) che il pagamento dell’intero debito tributario, da parte di uno solo degli obbligati, determinasse l’estinzione della pretesa e la cessazione della materia del contendere con il Fisco, facendo venire meno l’interesse alla lite da parte dei non aderenti, laddove la società contribuente aveva ancora interesse a far valere l’illegittimità dell’originaria pretesa tributaria.
Pur non trattandosi di una questione complessa, come anche implicitamente riconosciuto dalla stessa Corte con l’adozione della forma decisoria di ordinanza in luogo di quella di sentenza, il provvedimento in commento fornisce l’occasione di esprimere alcune riflessioni circa gli effetti derivanti dall’adesione all’accertamento tributario.
A seguito dell’adesione all’accertamento da parte di un solo coobbligato, non vi è dubbio che viene a mancare un interesse qualificato ad agire in capo agli altri condebitori solidali. Ragionare diversamente equivale a sostenere che l’accordo raggiunto con il Fisco sia, anche solo in via eventuale, pregiudizievole per i non aderenti. L’unico ragionevole motivo che potrebbe giustificare la resistenza alla pretesa tributaria, aprendo così la via agli ordinari gravami, è la permanenza dell’azione di regresso nei riguardi dei condebitori non aderenti da parte dell’unico condebitore che ha soddisfatto l’intera obbligazione tributaria.
Sul punto specifico, una precedente decisione della Corte, Cass. n. 9859/2014, ha stabilito che “Il venditore che abbia pagato l’imposta integrativa di registro a seguito di concordato fiscale concluso con l’Amministrazione, senza coinvolgere nel procedimento di accertamento con adesione l’acquirente, non ha azione di regresso verso quest’ultimo, il cui diritto postula, ai sensi degli art. 1299 e 1203 n. 3, cod. civ., l’adempimento di un’obbligazione del terzo, la cui esistenza ed entità siano divenute certe per fatti o atti giuridici opponibili a questi”.
E’ stato affermato, inoltre, che…”L’azione di regresso spetta al coobbligato solidale che ha pagato (nella misura determinata dai rapporti interni, e quindi, in questo caso, per l’intero) solo qualora egli abbia sostenuto il pagamento di somme certe il cui obbligo di pagamento gravava su tutti, in relazione alle quali il creditore (in questo caso l’amministrazione finanziaria) abbia liberamente scelto di rivolgersi all’uno invece che all’altro obbligato solidale. Non spetta invece quando il coobbligato, concludendo un accordo con l’amministrazione, abbia assunto esclusivamente in proprio l’obbligo di pagare una somma seppure allo stesso titolo per il quale esiste l’obbligazione solidale, senza coinvolgere nel procedimento di accertamento con adesione gli altri coobbligati (…)”, ed ancora, ” (…) anche in materia tributaria e applicabile l’ordinaria disciplina delle obbligazioni solidali, con la conseguenza che il concordato tributario, cui ha aderito solo uno dei contribuenti, non è, del pari, opponibile ai contribuenti che non vi hanno partecipato, dovendo tale concordato equipararsi al riconoscimento del debito che, a norma dell’art. 1309 c.c., non ha effetto nei riguardi del condebitore che non l’abbia compiuto (…)”.
Pertanto è logica conseguenza concludere che l’effetto sostanziale derivante dall’adesione di un condebitore solidale all’accertamento, (adesione che si ricorda perfezionarsi ex art. 9 d.lgs. 218/97 solo con il pagamento integrale o con la prima rata, in caso di rateizzazione dell’importo), è quella di liberare i condebitori non aderenti dall’originaria obbligazione tributaria. Questa soluzione, si ripete, si impone se si considerano i principi generali che regolano l’istituto civilistico delle obbligazioni in solido, di cui agli artt. 1292 e ss. cod. civ.: corpus normativo che, come confermato dallo stesso giudice di legittimità, trova diretta applicazione anche alle obbligazioni di natura tributaria.
Piuttosto, il richiamo e l’accostamento operati dalla Cassazione all’istituto del riconoscimento del debito, ex art. 1988 cod. civ., appare allo scrivente poco congruo, viste le nette differenze strutturali e sostanziali esistenti tra le due fattispecie. Il riconoscimento di debito, infatti, è un semplice atto unilaterale proveniente dal debitore che per perfezionarsi non necessita l’intervento del creditore, diversamente dall’accordo raggiunto con il Fisco a seguito dell’adesione del contribuente che deve essere sottoscritto da entrambe le parti, e che si perfeziona (contratto reale) con il pagamento, entro 20 gg. dalla redazione dell’atto, delle somme dovute e delle sanzioni in misura ridotta (cfr. art. 9 d.lgs. citato).
Inoltre, altro elemento di forte differenziazione tra i due istituti giuridici è la diversità di effetti che da questi derivano: il riconoscimento della posizione debitoria non è fonte di effetti sostanziali come l’accordo raggiunto col Fisco a seguito di adesione, ma ha effetti essenzialmente procedimentali che si risolvono nell’attuazione della cd. “astrazione processuale della causa dell’obbligazione”, ovvero di esonerare il creditore dal fornire al giudice la prova del rapporto sottostante (inversione del onere della prova ex art. 1988 cod, civ.).
Forse l’accostamento all’istituto della novazione, in particolare quella soggettiva di cui all’art. 1235 cod. civ., sarebbe stato più opportuno. Nella fattispecie in esame, infatti, si assiste a un effetto sostitutivo soggettivo privativo (arg. ex art. 12, comma 4, d.lgs. citato) nell’intera posizione debitoria da parte del condebitore aderente.
Ad ogni buon conto, a prescindere dalla natura giuridica dell’accertamento con adesione del contribuente, ciò che importa alla soluzione del caso è aver verificato che, tra i diversi effetti che la legge prevede con il perfezionarsi dell’atto, effettivamente sussiste quello sostanziale di liberare dall’obbligazione tributaria anche gli altri condebitori, i quali, a quel punto, non potranno più vantare alcun concreto interesse ad agire impugnando l’accordo fiscale a cui non hanno partecipato.
Infine, ad avviso di chi scrive, le conclusioni sin qui raggiunte lasciano spazio a considerazioni di natura procedurale. Atteso che anche nel processo tributario, per costante giurisprudenza della Cassazione, risulta necessario che il ricorrente, sia in primo grado che in sede di appello, vanti un interesse ad agire “concreto ed attuale”, appare evidente che l’eventuale carenza (originaria o sopravvenuta), comporterà certamente l’inammissibilità o l’improponibilità del ricorso (Cfr.: per l’inammissibilità Cass. civ., sez. V, sent. 6 febbraio 2003, n. 1781; per l’improcedibilità Cass. civ., sez. trib., sent. 13 maggio 2003, n. 7340; Cass. civ., sez. trib., sent. 27 marzo 2003, n. 4602).